Serate così a Castel Bolognese sono rare. Mi riferisco all’incontro di venerdì 30 aprile al Cinema Moderno con Rafał Wieczyński, regista del film sul sacerdote polacco Popiełuszko, e la moglie Julita che insieme si sono assunti il compito di tenerne viva la memoria.
La serata è stata introdotta da monsignor Gian Luigi Dall’Osso che ha ricordato come Popiełuszko appartenga a quella lunga schiera di sacerdoti e martiri che hanno dato la vita per Cristo.
Annalia Guglielmi, che ha condotto l’incontro e tradotto simultaneamente gli interventi del regista e della produttrice del film, ha voluto innanzitutto sottolineare che la figura di padre Jerzy ci ricorda che il cuore umano è irriducibile e per questo non dobbiamo permettere che la cultura dominante ci anestetizzi.
Poi Rafał e Julita hanno spiegato il clima della Polonia degli anni ottanta, il legame della Chiesa col popolo che in essa trovava l’unico ambito dove si poteva respirare la libertà, quella del cuore in primo luogo.
È stata Julita a spingere il marito a lasciare tutto per dedicarsi al film. «C’è un enorme forziere di persone importanti di cui vale la pena parlare. Questo è il nostro compito: fare dei film storici su esperienze e persone affascinanti per comprendere i tempi in cui viviamo». «Per due anni – riprende il marito – abbiamo raccolto testimonianze per non cambiare la regia che aveva fatto Dio». «Padre Jerzy era nato nel giorno in cui si celebra la festa dell’Esaltazione della Croce ed è stato ucciso nella parrocchia dedicata all’Esaltazione della Croce». «Padre Popiełuszko – prosegue Rafał – era una persona estremamente normale, ma quando diceva la Messa cambiava. Quando pronunciava le “omelie per la patria” la faccia gli sudava; ogni parola era detta a se stesso, per questo venivano ad ascoltarlo a migliaia. Le sue parole e il suo insegnamento sono importanti ancora oggi, perché ci dice che dobbiamo chiamare le cose – il male, il bene, la menzogna, la verità – con il loro nome».
La serata volge al termine. Matteo Dal Pane legge due brani tratti dalle “omelie per la patria”. Il silenzio della sala fa capire quanto quelle parole siano penetranti e vere oggi.
Concludendo la serata leggo una sua frase riportata sulla quarta di copertina del libro che Itaca ha appena pubblicato (Popiełuszko. «Non si può uccidere la speranza», a cura di Annalia Guglielmi): «Non c’è bisogno di molti uomini per proclamare la verità. Il gruppo degli uomini della verità può essere sparuto, ma essi irradiano luce, gli altri li cercano
e vengono da lontano per ascoltare parole di verità, perché la nostalgia della verità è connaturata all’uomo». È la lezione che abbiamo ricevuto in una serata indimenticabile.
Eugenio Dal Pane
per gentile concessione del settimanale «Il Nuovo Diario Messaggero»